Fumare o non fumare … questo è il problema! Io ho scelto.

Fumare o non fumare … questo è il problema! Io ho scelto.

Oggi festeggio un anniversario importante, il mio settimo anno senza fumo. Ci credereste? Io, maratoneta, malata di corsa e di sport in generale, sono stata schiava della sigaretta e di una dipendenza che è l’antitesi della filosofia sportiva. Una contraddizione di fondo, tanto evidente quanto difficile da combattere.
Ho cominciato a fumare a 13 anni, l’età stupida per eccellenza, quando per puro spirito di emulazione e per sentirmi parte del gregge, seppur sempre nella mia diversità, ho acceso la mia prima sigaretta, una “Kim”, tanto per non smentirmi: se dovevo fumare, che almeno fosse con una sigaretta che portava il mio nome! Già allora soffrivo di manie di grandezza (ma ancora non lo sapevo, non a livello conscio almeno). Avere tra le dita quei mozziconi mi regalava una falsa quanto effimera sicurezza in me stessa, e adoravo atteggiarmi in pose da donna adulta e vissuta, per offrire un’immagine di me completamente diversa da quella reale.

Le prime “tirate” le sento ancora benissimo, nella gola e anche nel naso, oltre che nei polmoni: una sensazione di nausea terribile, unita a delle pseudo pugnalate all’intero apparato respiratorio, di quelle che lasciano senza fiato per qualche attimo. Ricordo di aver pensato: “Ma che ci trova di bello la gente a fumare? Fa letteralmente SCHIFO!!!” Eppure la mia insicurezza era a livelli talmente patologici che pur di sentirmi “un po’ come tutti gli altri, così padroni di sé stessi con una sigaretta in mano”, ho insistito fino a farmelo piacere questo schifo, e poichè amo le cose fatte bene, sono anche riuscita a trasformarlo in un vizio vero e proprio. Diciamo pure una dipendenza. Anzi, chiamiamo le cose con il loro nome. Diciamo pure una tossicodipendenza. Nel giro di poco tempo mi sono ritrovata a far parte della categoria “fumatori incalliti”, e nel corso degli anni (tanti, troppi) ho coltivato il mio vizio senza fargli mancare nulla, comprese le autoconvinzioni che “Tanto smetto quando voglio”. Si, ok. Ma per quanto? Un mese? Un anno? Anche quasi tre anni. Ho fumato più di un pacchetto di sigarette al giorno per più di venti anni, gravidanze escluse, e ho perso il conto delle volte in cui ho smesso … per ricominciare come e più di prima.

Era sempre colpa di qualcosa o qualcuno: dello stress, del cliente/collega/capo stronzo, del diventare insopportabilmente insopportabile a causa di vere e proprie crisi di astinenza, del terrore di ingrassare per via del metabolismo che torna umano. Ogni volta era un ingegnarsi per trovare dei “trucchetti mentali” che mi aiutassero a smettere di fumare definitivamente. Tutti sanno che fumare fa male, eppure l’esserne consapevole non mi ha risparmiata dal farmi del male per tanti anni, tutti sanno che fumare costa, eppure anche se il costo per un pacchetto di sigarette arrivasse a toccare i 10 euro, il fumatore incallito li spenderebbe. Io ero diventata schiava di un intero sistema perverso, dove, oltre al fattore salute e allo spreco di denaro si aggiungeva spesso uno spreco di tempo non indifferente: più di una volta, rimasta senza sigarette, magari alle 9 di sera, senza contanti nel portafoglio e con i tabacchini chiusi (le macchinette self service erano ancora una rarità) la mia unica mission diventava prelevare dal bancomat e fiondarsi in autostrada per comprare le bionde all’autogrill. Se ci penso sto male, giuro. E più mio marito mostrava una crescente insofferenza nei confronti del fatto di avere una compagna fumatrice, più fumavo.

Così fra qualche anno se avessi continuato a fumare? Chissà :-))))
Più mi si faceva partecipe della moltitudine di danni causati dal fumo, soprattutto ai polmoni ma anche alla pelle, quella stessa pelle a cui ho sempre riservato cure maniacali, più fumavo: subito dopo un’ora di spinning, con i bronchi belli aperti, ancora paonazza tipo Bridget Jones nel suo primo esilerante diario, in macchina bruciando la tappezzeria dei sedili più di una volta, o appena sveglia, ancora prima del caffè, a cui sarebbe seguita quella del dopo caffè. Se ci penso sto malissimo, giuro.
Mi sono inventata degli auto-incentivi, ogni volta diversi, ogni volta in grado, secondo me, di aiutarmi nell’intento: dal bere un bicchiere d’acqua allo spararmi 50 addominali alternati a 50 piegamenti ogni qualvolta sentissi la necessità di accendermi una sigaretta; oppure depositare in un barattolo di vetro il corrispettivo in denaro di ogni pacchetto di sigarette non fumato. Ci sono stati periodi della mia vita in cui ho avuto addominali, spalle e pettorali da urlo e il mio armadio si è arricchito di qualche paio di jeans griffato (bisogna pur premiarsi ogni tanto) pagati con il “non fumo” ma … niente da fare, inevitabilmente dopo il primo, euforico periodo in cui smettere sembrava facile perché la motivazione era ancora alle stelle, e dove mi rendevo vagamente conto dei miglioramenti di una vita senza fumo, ecco che ci ricascavo alla grande.

Mi è capitato un sacco di volte, e nel mio intimo stavo da cani perché il ri-cedere per l’ennesima volta alla cicca, mi sbatteva in faccia l’amara realtà: sono debole, il fumo vince, Kim perde game, set e match. Ancora. Dicono che chi fuma, il vizio non lo perde mai, e io mi sono sempre aggrappata a questa convinzione per giustificare i miei fallimenti.
Ma allora, qual è stata la chiave di volta che mi ha permesso di abbandonare definitivamente la sigaretta?
Promettere ad Alberto e Stefano, guardandoli negli occhi, che da quel famoso giorno di sette anni fa, non avrei più fumato: nuovamente un trucchetto, perché i miei figli sono la cosa più preziosa che ho, e non mi sognerei mai di non rispettare una promessa fatta a loro … ma questo vale anche per le promesse in generale ed è per questo che tendo a farle solo e se sono sicura di poterle mantenere.

La verità comunque è un’altra: evidentemente i tempi erano maturi, io per prima ero finalmente determinata a dire BASTA alle sigarette, e il fatto che in questi anni non abbia mai sentito l’esigenza di ripensare a quella promessa per distogliermi da eventuali tentazioni ne è la prova più lampante. I figli sono stati il pretesto, in realtà quella promessa l’ho fatta prima di tutto a me stessa, perché sapevo di possedere la forza di volontà necessaria per compiere una scelta definitiva. Parte sempre tutto da noi.

Non voglio essere ipocrita affermando che è stato facile, anzi! Ho “rispolverato” i miei vecchi stratagemmi che miracolosamente stavolta hanno funzionato – perché finalmente hanno trovato le condizioni migliori – e trovato un alleato insuperabile nel running: la mia prima maratona l’ho corsa tutta a suon di “Ho smesso di fumare, posso fare anche questo, se sto facendo questo è anche perché ho smesso di fumare”, e sì … dire addio per sempre alla sigaretta è difficile ma non impossibile: farlo è stata una delle scelte migliori che potessi compiere e riuscirci una splendida vittoria personale. Che bello tagliare il traguardo a pieni polmoni, dove l’ossigeno mi manca ma non per colpa del fumo! Buona salute a tutti.